Rientrata già da due settimane, fatico ancora a non pensare a Dilla, missione salesiana immersa nel verde, a sud dell’Etiopia, dove sono stata assegnata insieme ad altri tre compagni di viaggio.
La comunità salesiana ci ha da subito accolti calorosamente nel grande coumpaund della missione, che con i suoi 15 ettari contiene molti ambienti diversificati, studiati ad hoc per svolgere le varie attività cui attendono i Salesiani: dalle officine metalmeccaniche ai capannoni in cui si lavora il legno, dalle scuole ai campi da gioco, dall’oratorio alla mensa dei bambini, dalla Chiesa alle case dei volontari che hanno scelto di vivere lì.
Un mese a Dilla è scorso via veloce, colmo di mille emozioni che conservo gelosamente nel mio cuore; rivivo come in un nastro che si riavvolge, la gioia contagiosa dei bimbi che correvano ad abbracciarci, la soddisfazione intrinseca per aver terminato di ritinteggiare le varie classi della scuola primaria, la spensieratezza dei bimbi che continuavano a giocare sotto la pioggia , magari scalzi, senza preoccuparsi minimamente di bagnarsi o infangarsi, un po’ di disagio iniziale nell’essere chiamati “farenji”: stranieri e poi la maturata convinzione di sentirsi a casa, parte di una grande famiglia, la rabbia e l’impotenza quando ci si trovava di fronte a certe ingiustizie umane e non si poteva far nulla per cambiarle.
La lezione di vita più bella che ho imparato dai bimbi e dai ragazzi di Dilla è stata la presa di coscienza che la felicità è davvero semplice, fatta di piccole cose, cose che a me prima d’ora, in Italia, sarebbero sembrate persino banali e indifferenti e che a Dilla, invece, erano capaci di colorare giorni su giorni ed esistenze intere! In Amarico una delle espressioni più utilizzate è “cighiriellem” che vuol dire letteralmente “non c’è problema”. Essa esprime appieno la serena accettazione da parte della gente d’Etiopia, della vita, delle sue fatiche e dei suoi rari sprazzi di sereno! Con totale senso di affidamento gli Etiopi credono che alla fine una soluzione, in un modo o nell’altro, la si trova sempre e quindi non si deve lasciare spazio alla disperazione ma accendere e alimentare sempre il fuoco vivo della speranza. E comunque almeno un motivo per cui essere felici si trova sempre, perché la vita si dipana sotto lo sguardo vigile di Dio, che non delude mai.
Il senso del Divino, inteso in senso lato, in una realtà che accoglie con naturalezza cattolici, musulmani e ortodossi, è davvero sorprendente agli occhi di un occidentale. Mi sono creata la convinzione che per noi cittadini del mondo progredito, scatta la presunzione di essere autoreferenziali, cioè di confidare maggiormente nelle nostre forze, mentre il povero del terzo mondo, si consegna totalmente ad un’ Entità superiore, dalla quale sente dipendere la propria Vita e ha una Fede incondizionata, una fiducia assoluta nella Divinità. Quando un Etiope ti chiede come stai, è d’obbligo in Amarico rispondere: Bene, ringraziando Dio!
L’esperienza della messa domenicale è qualcosa che non potrò mai dimenticare: una vera e propria festa, fatta di canti ritmatissimi e balli gioiosi per ringraziare “Egsaber” “Dio”. Per gli Etiopi partecipare alla messa è un appuntamento immancabile; arrivano tutti da ogni parte del contado, anche da lontano, le donne vestite di bianco, il colore della festività e pregano allegramente per 3 o 4 ore. Sono rimasta fin da subito attratta dal coro che anima la liturgia, un volano di gioia che si spande in tutta la chiesa per l’intera celebrazione!
Una domenica abbiamo assistito ad un matrimonio etiope, che è stato un vero tripudio di suoni e canti e balli, con tutta la comunità riunita intorno agli sposi. Un matrimonio ricchissimo di gioia anche se poverissimo di mezzi materiali.
Riassumere un mese così intenso in poche righe non è facile ma il mio mal d’Africa al ritorno, può raccontare più di mille parole: la voglia di tornare ancora a Dilla, la fatica di rientrare nella mia realtà di vita, il bisogno di rivedere le mie priorità esistenziali, il desiderio di partecipare al mondo le emozioni forti vissute laggiù dicono a chiare lettere ciò che l’Africa mi ha insegnato: a volte bisogna fermarsi e tornare all’essenziale e lì, guardando la nostra vita con occhi nuovi, senza fronzoli né maschere, ritrovare il nostro vero sé.
Un’esperienza che lascerà un segno indelebile nella mia vita!
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Elisabetta Cirinà